Spesso percepiamo gli sportivi come dei supereroi, lontani dalla gente comune per status, qualità, esposizione mediatica. Forse è proprio per questo che gli episodi in cui appaiono come delle persone ordinarie ci rimangono più impressi. In fin dei conti, però sono esseri umani come noi e hanno storie vere, come le nostre. Ce n’è una che, a mio modesto parere, merita di essere raccontata. È quella del tennista statunitense Jenson Brooksby attuale numero 101 della classifica ATP (aggiornata al 30/06/25).
Nato a Sacramento, in California, nel 2000 Jenson è figlio di mamma Tania e papà Glen a cui deve il nome: grande appassionato di Formula 1 papà ha deciso di chiamarlo come il pilota britannico Jenson Button, poi campione del mondo nel 2009. Professionista dal 2021, miglior posizione in classifica la trentatreesima raggiunta nel giugno del 2022, vittoria più prestigiosa della carriera agli Australian Open del 2023 contro Casper Ruud, all’epoca numero 3 al mondo. Fin qui niente di eccezionale. C’è un però. Jenson Brooksby, ha già affrontato svariati infortuni, una squalifica per aver saltato tre test antidoping nell’arco di 12 mesi ed è affetto da disturbi dello spettro autistico.

Già fuori dai campi per 14 mesi agli albori della sua carriera, Jenson ha vissuto un periodo tremendo tra il 2023 e il 2024. Poco dopo quella vittoria con Ruud decide di operarsi al polso sinistro che da tempo gli dava problemi. Nel maggio dello stesso anno si rende necessario un intervento anche al polso destro e dulcis in fundo a luglio viene sospeso dalla “International Tennis Integrity Agency” (ITIA) per la vicenda dei test antidoping. La durata della squalifica, inizialmente fissata in 18 mesi, viene ridotta a 13 con decorrenza dall’ultimo test saltato. A marzo 2024 avrebbe potuto tornare alle competizioni, ma decide di farlo solo nel gennaio 2025. Nel frattempo, tramite un’intervista rilasciata all’Associated Press e sui suoi canali social, ha rivelato il più personale dei retroscena: la sua battaglia contro l’autismo.
Come ha rivelato lui stesso, fino a quattro anni praticamente non parlava. La specialista che lavorò con il Jenson bambino, Michelle Wagner, parlando all’AP ha detto schiettamente che Brooksby era “indietro rispetto ai suoi pari età” e che quanto ottenuto, in campo e non, è un risultato unico e straordinario. Basti pensare che il diretto interessato definisce la sua condizione un vantaggio in campo nei momenti di pressione perché gli consente di concentrarsi su poche cose, ignorando tutto ciò che potrebbe distrarlo: pubblico, vento, stanchezza e via dicendo. Al tempo stesso però, gli risulta complesso organizzare la sua vita da atleta professionista. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, per Brooksby “è difficile concentrarsi su molte cose diverse” il che diventa difficile se pensiamo alla complessità che ruota attorno a un tennista professionista: allenamenti, viaggi, tornei, sponsor, conferenze stampa, controlli anti-doping appunto. Anche questo aspetto organizzativo parrebbe essere delegato a un membro dello staff del giocatore e i mancati controlli del 2022-2023 sarebbero frutto di un’organizzazione non brillantissima.

Per la cronaca, Brooksby è tornato a giocare e lo sta facendo molto bene. Lo scorso 6 aprile ha vinto il primo torneo nel circuito ATP nella sua carriera aggiudicandosi l’ATP 250 di Houston. Pochi giorni fa è stato sconfitto in finale a Eastbourne, sempre 250, dal numero 5 del mondo e finalista slam Taylor Fritz. La storia di Jenson Brooksby è una storia di vita vera, vita vissuta e faticosa, di un ragazzo che ha deciso di svelare al mondo la sua condizione per il più nobile dei motivi. Difatti, ha ammesso più volte di voler ispirare tutte le persone che affrontano i disturbi dello spettro autistico e tutte le loro famiglie che le sostengono incessantemente. Il senso ultimo di ogni colpo di Brooksby è questo: che vinca o che perda non è rilevante solo ai fini sportivi, perché lui scende in campo in rappresentanza di circa 62 milioni di persone nel mondo e tutti quelli che stanno al loro fianco. Jenson Brooksby è uno di quegli sportivi a cui si vuole bene proprio per il coraggio di mostrarsi fragile e imperfetto, è una persona straordinaria nel suo essere ordinaria.

Laureato in Comunicazione, Innovazione e Multimedialità all’Università degli Studi di Pavia. Appassionato di tutti gli sport, quelli che prevedono un motore sono ancora meglio, aspirante giornalista sportivo.
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