Dazi e abbracci: come l’Italia può vincere la sfida globale

18 Apr , 2025 - Attualità

Dazi e abbracci: come l’Italia può vincere la sfida globale

In un mondo in cui le guerre si combattono con tariffe e dichiarazioni, i dazi sono tornati a essere protagonisti della scena geopolitica, specialmente dopo l’incontro tra Meloni e Trump del 17 aprile. Ma mentre molti li vedono solo come un ostacolo, l’Italia potrebbe trasformarli in una leva per riformare se stessa, e possono essere sotto questo punto di vista considerati come un trampolino di lancio. Dietro le strette di mano tra Giorgia Meloni e Donald Trump alla Casa Bianca, si cela una partita economica che vale miliardi, e forse, il futuro della competitività italiana.

Una premier per due bandiere

L’assenza di una voce compatta da parte dell’Unione Europea ha aperto la strada a un’iniziativa nazionale che assume contorni più ampi, dando più potere all’Italia.

L’Italia può essere il miglior alleato degli Stati Uniti se Meloni resta premier,” ha dichiarato Trump con l’enfasi che lo contraddistingue. “È una persona fantastica e sta facendo un ottimo lavoro.”

Parole che fanno rumore, certo. Ma anche numeri, scambi e strategie. Dietro il sipario dell’alleanza personale tra leader, Giorgia Meloni volata a Washington rilancia: “Make the West great again”. Non è solo una citazione, ma è un messaggio. In un momento storico segnato da tensioni commerciali, conflitti e transizioni industriali globali, la premier italiana ha fatto più che strizzare l’occhio a Trump. Ha rilanciato l’idea di un Occidente che si riscopre compatto, competitivo, centrale. Un Occidente che non si lascia intimidire dalle sfide poste da attori autoritari, né si chiude nella nostalgia del passato. Quel motto, ispirato ma riformulato, è un segnale del fatto che l’Italia non vuole restare ai margini del nuovo ordine mondiale, ma contribuire a scriverlo. È un’ambizione chiara: rivendicare un posto non solo nei vertici internazionali, ma anche nella costruzione di un nuovo equilibrio tra potenze, in cui il blocco euro-atlantico possa ancora dire la sua. E in questa narrazione Meloni si propone come interlocutrice privilegiata: dell’America, ma anche dell’Europa.

Dazi: criticità o opportunità?

Da sempre percepiti come ostacoli per l’export, i dazi sono barriere che rallentano, ma possono anche risvegliare. L’Italia, inserita in profondità nelle filiere globali, ha ora davanti a sé un bivio: subire passivamente le turbolenze del commercio internazionale, oppure usarle come leva per ripensare la propria struttura produttiva.

L’aumento dei costi, l’incertezza dei mercati e la minaccia di perdere quote di export sono sfide reali. Tuttavia, se questa pressione esterna spingerà le aziende italiane a investire in innovazione, semplificazione burocratica e logistica, allora potremmo parlare di una crisi trasformata in opportunità.

Una visione che si discosta dal lamento sterile e propone, invece, una “sveglia” collettiva. L’obiettivo? Un sistema produttivo più agile, snello e sostenibile. E soprattutto più competitivo.

L’efficienza resta, i dazi passano

Il paradosso è evidente: strumenti temporanei come i dazi, spesso dettati da scelte politiche più che economiche, potrebbero innescare cambiamenti strutturali duraturi. “I dazi sono un guaio, sì, ma anche una sveglia”, scrive chi guarda al futuro con pragmatismo. “Possiamo e dobbiamo usarli per trasformare la nostra economia.”

Non si tratta di isolarsi, ma di diventare più forti. Migliorare la qualità, ridurre i tempi, automatizzare dove serve e formare nuove competenze. È questa l’occasione – forse unica – per eliminare le fragilità storiche del sistema italiano e uscire dalla dipendenza dai mercati esterni con maggiore consapevolezza e controllo.

Geopolitica e relazioni personali

Meloni, leader nazionale e rappresentante informale dell’Europa in un momento delicato, è in missione per l’Italia, ma anche per l’Europa. Il viaggio a Washington di Giorgia Meloni non ha avuto un solo passaporto. Ha preso in carico questioni italiane come quelle delle imprese e delle politiche industriali, ma la sua missione è andata oltre i confini nazionali. In assenza di un coordinamento immediato e visibile dell’Unione Europea, la premier italiana si è trovata infatti a rappresentare anche la voce del Vecchio Continente nei confronti degli Stati Uniti.

In un’Europa frammentata, dove i vertici spesso faticano a parlare con una voce sola, Meloni si è ritagliata il ruolo di interlocutrice privilegiata. L’apertura di Trump su un possibile accordo commerciale “equo” con l’Unione Europea, ribadita più volte nel corso dell’incontro, non è solo un riconoscimento alla leadership personale della premier, ma un segnale preciso: gli Stati Uniti cercano un contatto diretto con l’Europa, e l’Italia potrebbe diventare il tramite ideale.

La premier Meloni, insomma, ha giocato su due fronti. Da un lato ha portato avanti gli interessi dell’Italia, necessitando certezze e tutele sulle esportazioni; dall’altro, si è presentata come una voce affidabile in grado di parlare a nome di una parte dell’Europa. In questo, la visita non è stata solo un incontro tra due nazioni, e dunque bilaterale, ma anche simbolicamente multilaterale: un posizionamento strategico in un momento in cui la ridefinizione degli equilibri globali passa anche dalla capacità di fare da tramite.

Trump promette: “L’accordo con l’Ue sui dazi si farà al 100%.” Una dichiarazione che, se da un lato rassicura, dall’altro impone all’Italia una riflessione: quanto può contare, oggi, un’alleanza personale tra leader per indirizzare le politiche commerciali globali?

La strategia dell’Italia è in ogni caso chiara: diventare interlocutore privilegiato nel nuovo asse atlantico, giocare un ruolo attivo nei negoziati, ma soprattutto lavorare su se stessa.

In fondo, la vera grandezza del “West” dipenderà non tanto dalla retorica, quanto dalla capacità di innovare, adattarsi e collaborare. I dazi rappresentano sì un intrigo, ma anche una sveglia. Possiamo e dobbiamo usarli per trasformare la nostra economia, non con l’illusione di isolarci, ma con la volontà di diventare più agili e più forti.

In un mondo in continua trasformazione, dove la politica estera si intreccia con le sfide economiche interne, l’Italia saprà davvero cogliere questa occasione per diventare non solo più competitiva, ma anche più centrale nel panorama internazionale? La posta in gioco è alta, ma il potenziale per percorrerla non manca.

Giorgia Meloni e Donald Trump (foto @GiorgiaMeloni)

Aurora Forlivesi

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