Due film effettivamente belli con Adam Sandler

29 Apr , 2025 - Cultura

Due film effettivamente belli con Adam Sandler

Adam Sandler. Sicuramente anche se non siete appassionati di cinema avrete già sentito questo nome, e magari avrete anche visto qualche suo film, ma che genere di film? Demenziale, ovviamente. Ecco, in questo articolo vorrei proporvi un paio di pellicole con Adam Sandler di cui forse non avete mai sentito parlare, o che avete bollato a priori come “film stupidi per americani stupidi”, sbagliando clamorosamente. Ma prima facciamo un passo indietro.

Nei suoi quasi 40 anni di carriera, Adam Sandler ha recitato in un numero incommensurabile di film demenziali, guadagnandosi a suon di rutti e scorregge (si veda la ruttoreggia di “Un weekend da bamboccioni 2”) il titolo di re incontrastato del genere. Tuttavia, com’è facile intuire, se da una parte i suoi film hanno sempre incontrato i favori del botteghino, non si può dire lo stesso di quelli della critica.

Ci sono però, a mio avviso, due importantissime eccezioni, che dimostrano come Sandler sia molto più di un attore da film “stupido”. Due volte in cui l’attore è uscito dalla sua zona di comfort e si è messo in gioco, interpretando personaggi complessi, dalle svariate sfaccettature.

Punch-Drunk Love

Source: ArteSettima

Punch-Drunk Love è un film del 2002, scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, vincitore del premio per la regia alla 55ª edizione del Festival di Cannes. Il film ruota attorno alla figura di Barry Egan (Interpretato da Sandler), un uomo timido e solitario, che incarna la fragilità emotiva, l’alienazione e la ricerca disperata di connessione umana in un mondo che spesso sembra ostile e incomprensibile. All’apparenza Barry è un uomo comune: gestisce un modesto commercio di oggettistica e vive una vita tranquilla, scandita da una routine monotona. Tuttavia, dietro a questa apparenza si cela un uomo che tiene tutto dentro e che soffre terribilmente per la sua solitudine. La frustrazione e la rabbia di Barry emergono sporadicamente in violenti attacchi d’ira, mai rivolti contro persone, perché Barry fondamentalmente è una persona buona, e anche se gli altri lo maltrattano, lui non riesce a fare lo stesso verso di loro.

La forza della pellicola sta tutta nella trasformazione del personaggio interpretato da Sandler. L’attore è bravissimo a rappresentare la solitudine di Barry: non un sentimento cinico e malinconico, piuttosto un qualcosa di grigio, sopportabile, con cui si è costretti a convivere perché non c’è molto altro da fare. Non è la solitudine esasperata e spettacolarizzata solitamente rappresentata nei film: Barry non beve per dimenticare, non si droga, non ha pensieri suicidi. La sofferenza del personaggio sta nello scoppiare a piangere durante una normalissima conversazione, nell’evitare tutti gli appuntamenti che le sorelle gli combinano, nel chiamare una linea di sex-talking semplicemente per parlare con qualcuno. In lui si scorge un tipo di malinconia che ti accompagna dal primo all’ultimo minuto della giornata, a prescindere da dove e con chi sei, un sentimento che non porta all’autodistruzione, ma che logora lentamente. L’unico antidoto, l’unico modo per uscire da questo labirinto, è l’amore. Nel film l’amore non è una fuga dalla realtà, ma una mano che ti aiuta a uscire dalle sabbie mobili, che ti spinge ad affrontare l’inerzia della quotidianità, a trovare un motivo per cui valga la pena combattere e rialzare la testa. E Barry il motivo lo trova.

Diamanti Grezzi

Source: The New York Times

Diamanti Grezzi è un film del 2019 diretto da Josh e Benny Safdie. La pellicola è ambientata a New York e ruota attorno al personaggio di Howard Ratner (Adam Sandler), un gioielliere ebreo del Diamond District, immerso fino al collo in un giro di affari a dir poco torbido. Howard vive in bilico su un filo, tra un matrimonio che sta andando a pezzi, un rapporto sempre più difficile con i figli e, soprattutto, un grosso problema col gioco d’azzardo.

La regia dei fratelli Safdie è sensazionale e accompagna le gesta del protagonista con un ritmo serratissimo che non può diminuire, ma può solo aumentare, fino a esplodere. Il rapporto che lo spettatore intrattiene con Howard è duplice: se da un lato viene quasi naturale disprezzarlo per i suoi comportamenti (per citarne uno: guarda una partita su cui ha scommesso mentre legge la favola della buonanotte a suo figlio), dall’altro in lui emerge sempre di più nel corso del film la vulnerabilità dell’uomo moderno, ossessionato dal successo, incapace di fermarsi, sempre alla ricerca del colpo grosso che però non arriva mai. Anche il rapporto con l’amante nasconde molto più di quello che sembra: nonostante inizialmente tutto faccia pensare alla ragazza (Julia Fox) come la più classica delle arrampicatrici sociali, nel corso del film lo spettatore è costretto a rivedere anche questo giudizio. È come se in primis il film offrisse allo spettatore prede facili su cui puntare il dito, scanso poi, gradualmente, rilevare sfaccettature sempre più amare e taglienti dei personaggi, creando un effetto simile a quello dell’umorismo pirandelliano.

Il segno distintivo di questo film è l’amarezza che lascia in bocca allo spettatore. Howard con i suoi modi strambi e il suo ingiustificato ottimismo trasmette il lato oscuro del desiderio umano, la volontà cieca di rischiare tutto per sentirsi invincibili, anche solo per un attimo.

Source: BAMF Style
Source: BAMF Style

Barry Egan e Howard Ratner sono due personaggi agli antipodi, due facce di una società malata, senza vincitori né vinti. Barry è timido, bloccato in sé stesso, vive in una realtà che si muove lentamente, una realtà silenziosa e oltremodo tranquilla. Howard è l’esatto opposto: rumoroso, esuberante, in costante movimento, è un uomo che vive al massimo e non sa vivere in nessun altro modo, che ha un bisogno patologico di dimostrare il proprio valore a tutti. Dove Barry reprime, Howard esplode, entrambi sono personaggi che celano grandi insicurezze, con cui si rapportano in modi completamente diversi. Tutti e due hanno lo stesso tarlo che li sta portando alla deriva, entrambi vorrebbero gridare aiuto, ma non ci riescono.

Punch-Drunk Love e Diamanti Grezzi parlano delle difficoltà di affrontare il proprio vuoto, e lo fanno con stili opposti: spazi vuoti e colori pastello nel primo, claustrofobia e tinte psichedeliche nel secondo. Sandler nelle due interpretazioni è eccezionale, riesce a trasmettere ai due personaggi delle venature grottesche e originali, senza mai stuccare o sfociare nell’artificiosità. L’attore si cimenta in due stili interpretativi profondamente diversi. Se per Barry lavora in sottrazione, con una recitazione misurata, silenziosa, fatta di gesti minimi, che lascia intravedere il dolore senza esibirlo (ricordando per certi versi il Lee Chandler di Casey Affleck in Manchester by the Sea), per Howard è richiesta una performance energica, travolgente, iperbolica, che trasmetta lo stress costante e la frenesia autodistruttiva del personaggio. Sandler è bravissimo a creare un legame empatico tra il pubblico e i suoi personaggi, non elemosina la simpatia dello spettatore, punta dritto alla verità emotiva.

Ecco, io credo che con questi due ruoli Adam Sandler abbia dimostrato che dietro il volto da comico si nasconde un interprete profondo, capace di raccontare la complessità dell’uomo contemporaneo, tra alienazione, desiderio e paura. Ah, e se siete ancora scettici un modo per fugare ogni dubbio c’è: Diamanti Grezzi è su Netflix, Punch-Drunk Love lo trovate su Prime Video (incredibilmente incluso nell’abbonamento).

A cura di Matteo Giachi.

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