Meglio il Bologna di Motta o di Italiano?

7 Apr , 2025 - Sport

Meglio il Bologna di Motta o di Italiano?

Analisi e contesto di un dualismo forzato che oscura l’orizzonte: il progetto.

Nessuno in città ha più nostalgia di Thiago Motta, allenatore capace di portare il Bologna lo scorso anno al quarto posto, piazzamento valevole per lo storico accesso alla Champions League. Il merito è di Vincenzo Italiano, che sta riuscendo a tenere il passo del suo predecessore in panchina, conducendo una stagione strabiliante. Ma se Italiano ed il suo Bologna non dovessero riuscire a ripetere l’impresa, ci sarebbe qualcuno pronto a rimpiangere il tecnico italo-brasiliano per il miracolo dello scorso anno? Probabilmente sì, alla fine i risultati pesano tanto sull’umore di critica e tifoseria. Andiamo quindi a sviscerare le differenze fra i due tecnici, cercando di capire differenze e punti di contatto, per poter valutare a fine anno, lucidamente, i due operati.

Rewind: un’estate travagliata

È il 23 maggio 2024 ed una notizia, per la verità già nell’aria da qualche settimana, scuote Bologna: Thiago Motta non rinnoverà il contratto con la società rossoblù. Si vocifera che possa sedere sulle prestigiose panchine di Juventus e Milan, un salto di carriera da predestinato, dato che è alla terza stagione da allenatore in Serie A. Contesto: il Bologna è reduce dalla una delle migliori stagioni della sua storia, culminata con il quinto posto in campionato con il record storico della squadra di 68 punti, che vale l’accesso alla prossima Champions League. I felsinei sono stati trascinati dalla brillantezza ed efficacia del proprio calcio, inculcata sapientemente dal tecnico italo-brasiliano Thiago Motta, dall’estro di Joshua Zirkzee, astro nascente del calcio mondiale e dalle doti da difensore moderno Riccardo Calafiori, che s’appresta a vivere un europeo da protagonista con la Nazionale. Il 15 luglio il centravanti olandese firmerà per lo sciagurato Manchester United, mentre il 29 dello stesso mese farà le valigie anche Calafiori, promesso sposo dell’Arsenal. In città regna la perplessità: il Bologna era finalmente riuscito a tornare grande protagonista in Italia, conquistando sul campo il piazzamento in Champions, e la proprietà era riuscita in due mesi a vendere e lasciarsi scappare i tre volti copertina di un’impresa storica. Inoltre, la campagna acquisti estiva del nuovo Bologna 2024/25 sembra piuttosto sottotono: Holm, Miranda, Cambiaghi, Dallinga, Pobega, Erlic, Casale e Benjamin Dominguez, questi sono i principali acquisti. Giocatori futuribili, con potenziale interessante, possibili crack, ma all’apparenza inadatti a difendere un quinto posto in Serie A e giocarsi una campagna europea. A prendere il posto in panchina di Thiago Motta ecco Vincenzo Italiano, allenatore uscente dalla positiva esperienza di Firenze, che si porta addosso l’etichetta memetica di massimo esponente della categoria di allenatori da “sconfitta propositiva”. La tifoseria rossoblù borbotta, e comincia a pensare che la stagione da record sia qualcosa di irripetibile, un unicum nella storia moderna del Bologna.

Motta ed Italiano si somigliano?

I due hanno più punti in comune di quanto si pensi: Thiago Motta è nato in Brasile e Vincenzo Italiano in Germania, ma entrambi hanno passaporto verde-bianco-rosso. Da calciatori furono mediani davanti alla difesa, con una spiccata predilezione per l’impostazione del gioco e l’abilità nel dettare i tempi. Da allenatori si sono sfiorati allo Spezia, con Italiano che ha lasciato la panchina a Thiago Motta, esattamente il contrario di ciò che è accaduto tre anni dopo a Bologna. Dai primi anni ‘20 del 2000 sono considerati fra i maggiori esponenti della nouvelle vogue dei giovani allenatori giochisti italiani. I punti di contatto si esauriscono qui, poiché la superficiale analisi di molti osservatori porta a pensare che Italiano agirà totalmente nel solco scavato da Thiago Motta, cercando di preservare i collaudati meccanismi che hanno reso il Bologna vincente, non tenendo conto, però, di due fattori fondamentali. Il primo è l’assenza dei sopracitati Zirkzee e Calafiori, due giocatori con caratteristiche rarissime, difficilmente sostituibili con profili simili. In secondo luogo, un altro fattore fondamentale ed ignorato: Vincenzo Italiano non è un gestore, ma un maestro di calcio e questo significa portare e far applicare i propri principi di gioco.

Le differenze tattiche fra Motta ed Italiano

Come anticipato i due allenatori propongono un modo di fare calcio simile solo all’apparenza. L’unica cosa in comune è essenzialmente il modulo utilizzato, un 4-3-3 di base con variazioni del tema simili al 4-2-3-1. Il Bologna di Thiago Motta ha avuto un impatto fortissimo sulla scorsa Serie A imponendo meccanismi e tattiche granitiche a livello difensivo e di costruzione dal basso per poi lasciar prevalere l’estro dei propri giocatori in fase offensiva. I rossoblù sono stati fra le squadre con maggior numero di tocchi nella propria area e trequarti difensiva, impostando con una costruzione dal basso 3+2, con Calafiori avanzato a fianco di Freuler in posizione mediana, sfruttando le sue doti in conduzione ed impostazione. Terzini dunque bloccatissimi e ali e mezzeali agenti sulle corsie, con Zirkzee che veniva ad abbassarsi a centrocampo per fare gioco ed imbucare verticalmente in direzione dei compagni d’attacco. In fase difensiva ecco prevalere un blocco basso, i maligni diranno allegriano, che puntava al recupero palla, al consolidamento del possesso e la ricerca di nuove tracce in verticale. Nulla di più distante dal calcio di Vincenzo Italiano. Quest’anno il Bologna cerca continuamente cambi gioco e palloni in profondità. I terzini spingono in sovrapposizione con costanza, cercando continuamente superiorità numerica nella metà campo avversaria. Non più doppio regista: i centrali di difesa hanno facoltà di lanciare e verticalizzare senza necessariamente coinvolgere Freuler in mediana, e gli attacchi sono finalizzati ad andare il prima possibile oltre la propria metà. Sono cambiate anche le caratteristiche del centravanti: Castro è succeduto a Zirkzee, portando buona pulizia dei palloni e sponde, aggiungendo la caratteristica dell’attacco alla profondità, cosa che l’anno scorso era esclusiva competenza delle ali. A fare da contraltare a questo approccio offensivo ci sono i pericoli corsi difensivamente. Il Bologna difende con una linea altissima, obbligando i propri difensori a rompere la linea ed esponendosi soventemente alle offensive avversarie, specialmente in contropiede. È lo scotto da pagare per una squadra che fa della riaggressione nella trequarti avversaria una sua caratteristica prima, comportando la difficoltà nel riuscire a riassettarsi rapidamente e mantenere la squadra corta.

I risultati: un bilancio necessariamente parziale

Allo stato attuale delle cose il Bologna è quarto in classifica, con 56 punti in 30 giornate, 50 reti segnate e 34 subite. L’anno scorso, con lo stesso numero di partite, ne aveva ottenuti 57, siglando 45 gol e subendone solamente 25. Rendimento in linea, che evidenzia la propensione difensiva di Thiago Motta e quella offensiva di Italiano. I numeri in campionato non tengono conto, però, del triplice impegno rossoblù che ha portato via risorse ed energie: le otto sfide di Champions League, terminate con l’eliminazione dalla competizione e la semifinale di Coppa Italia che, a meno di improbabili ribaltoni, si tramuterà in un pass per la finalissima contro Milan o Inter. Eccezion fatta per la Champions, con sfide decisive all’alba del nuovo corso e con la squadra che ha cominciato a macinare punti e ottime prestazioni con l’avvento dell’inverno, si conferma la tendenza degli scorsi anni, che dipinge Italiano come un allenatore specialista nelle coppe. Fu, ironia del destino, proprio lui con la sua Fiorentina ad eliminare il Bologna di Motta lo scorso anno dalla Coppa Italia, dopo un tiratissimo 0-0 conclusosi ai calci di rigore.

Ma quindi, Motta o Italiano?

Se la stagione finisse adesso, il Bologna di quest’anno avrebbe fatto meglio dello scorso, in virtù del piazzamento in Coppa Italia e della posizione in campionato. Ma è davvero su questo che si misura l’impatto di un allenatore e di un progetto tecnico? Non sappiamo come finirà la stagione e l’invito è quello di non misurarla solo sui risultati ottenuti. Fare un’impresa è difficile, rifarla ancora di più. Il lavoro del Bologna di quest’anno risiede nell’aver rinnovato squadra e staff tecnico profondamente, trovando un modo di fare calcio che soddisfa la propria tifoseria, esattamente come durante il ciclo di Motta. La vittoria più importante del Bologna 2024/25 è l’aver riportato una piazza importante ad essere entusiasta della propria squadra, dopo un’estate che lasciava presagire un anno di vacche magre. Alla luce di tutto ciò si può concludere che non c’è un vincitore nel duello Motta-Italiano. Il successo è della società ed il godimento costante è condiviso coi tifosi, questi due sono i veri fattori di continuità fra le due gestioni tecniche. La netta sensazione è che questa stagione non sia un exploit ma un’annata di costruzione che può consolidare un percorso importante per il futuro, ripercorrendo il cammino dell’Atalanta. La guida tecnica dirigenziale e la serietà proprietaria sono la vera garanzia del futuro bolognese. La scelta dei giocatori e degli allenatori, il clima entusiastico, le iniziative intorno alla squadra, il coinvolgimento costante e la progettualità, sono i veri ingredienti vincenti della realtà Bologna. I tifosi si godono un’altra grande annata, che probabilmente culminerà con l’accesso in finale di Coppa Italia, traguardo che manca dal 1974. E non importa se già si vocifera di grandi squadre di Serie A intenzionate a fare la corte ad Italiano ed i nuovi pezzi pregiati della rosa, non regna più il pessimismo della scorsa estate. Possono comprare tutti, ma non quello che fa davvero la differenza ovvero il progetto e la filosofia del Bologna, vera chiave del successo delle esperienze Motta ed Italiano.

Pietro Paulo Spigato


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